È ancora vero che il numero di ore lavorate incide sulla produttività?

L’esperimento che sta conducendo una start up tedesca, Rheingans Digital, sembrerebbe dimostrare che questo rapporto non esiste più e che può essere declinato diversamente.

La società, attiva nel settore della consulenza e sviluppo di siti Internet, ha infatti drasticamente ridotto l’orario di lavoro settimanale: dalle 08.00 alle 13.00, dal lunedì al venerdì, lasciando inalterati retribuzioni e istituti contrattuali.

I dipendenti, da parte loro, si sono resi disponibili ad adottare alcuni semplici regole operative: in ufficio puntuali alle 08.00; device chiusi in borsa per tutto l’orario di lavoro; controllo della posta elettronica limitato a due volte al giorno; riunioni concentrate in un tempo massimo di 15 minuti; uscita alle ore 13.00.

A distanza di sei mesi la nuova modalità di organizzazione dell’orario di lavoro ha lasciato inalterata la produttività, con inevitabili vantaggi per i lavoratori che possono dedicarsi alla vita privata per un numero di ore superiori.

L’orario di lavoro è stato così ridotto a 25 ore, senza alcun riflesso negativo su produttività e profitti.

È indubbio che il mondo del lavoro, da tempo, stia cercando di abbandonare modelli statici di organizzazione, guardando con sempre maggior interesse alla dematerializzazione e alla flessibilità della prestazione lavorativa.

Da verificare se simili esperimenti possano mantenere la propria tenuta anche nel lungo termine e se non sia necessario, ad esempio, adottare progressivamente anche altri meccanismi che mantengano inalterata la formula chimica della produttività.

Il progetto resta però molto interessante e, anche se una sua applicazione in Italia sembra quanto mai distante, ci auguriamo possa portare a una riflessione sulle possibilità di migliorare il rapporto tra lavoro, vita privata e produttività.